Villa San Michele: il sogno mediterraneo di Axel Munthe ad Anacapri​

Incastonata sul versante nord-orientale di Anacapri, a 327 metri sul livello del mare, Villa San Michele si erge come un tempio di luce e bellezza, sospeso tra cielo e mare. Questa dimora, concepita dal medico e scrittore svedese Axel Munthe, è molto più di una semplice residenza: è l’incarnazione di un sogno, un luogo dove arte, natura e spiritualità si fondono in un’armonia senza tempo.​

Un medico visionario

Axel Munthe giunse a Capri nel 1885, affascinato dalla luce e dalla bellezza dell’isola. Decise di stabilirsi ad Anacapri, dove costruì la sua villa sui resti di un’antica cappella medievale dedicata a San Michele, seguendo pochi schizzi fatti su una parete. La sua visione era chiara:

“La mia casa deve essere aperta al sole e al vento e alle voci del mare – come un tempio greco – e luce, luce, luce ovunque!” .​

Oltre a essere un medico rinomato, Munthe era un uomo dalle molteplici passioni. Durante l’epidemia di colera a Napoli nel 1881, si distinse per il suo impegno altruistico, offrendo cure gratuite ai malati e investendo le proprie risorse in medicinali.

La sua formazione medica fu influenzata da figure di spicco come Jean-Martin Charcot, con il quale studiò a Parigi. Questo lo portò a sviluppare un interesse per la neurologia e la psichiatria, anticipando alcuni concetti che sarebbero stati poi approfonditi dalla psicoanalisi.

Un museo a cielo aperto

Villa San Michele ospita una collezione d’arte di grande importanza, con opere di origine romana, etrusca ed egizia. Tra queste, spicca una sfinge di 3200 anni in granito, collocata su una balaustra accanto alla cappella medievale. Posizionata su una balaustra con vista sul Golfo di Napoli. Si narra che Munthe la collocò lì affinché potesse “guardare l’infinito”. La collezione comprende sculture, incisioni a bassorilievo, iscrizioni, mosaici, sarcofagi e frammenti architettonici, selezionati da Munthe per la loro bellezza e significato simbolico.​ Una caccia al tesoro in gioco con il colonnello John Clay MacKowen.

Uno dei pezzi più preziosi della collezione di Axel Munthe è un busto in marmo dell’imperatore Tiberio, scolpito quasi duemila anni fa, durante il suo dominio da Capri (26–37 d.C.).

Sottratto a Villa San Michele nel 1991, il busto scomparve per oltre due decenni, avvolto da un silenzio impenetrabile. Solo dopo ventidue anni, grazie alla tenacia e alla meticolosa indagine del nucleo italiano di polizia archeologica, venne individuato presso una casa d’aste.

Nel 2022, l’opera ha infine fatto ritorno al suo legittimo rifugio, riconquistando il posto d’onore tra le memorie di pietra della Villa. La scultura restituisce l’immagine di un imperatore complesso: dilaniato da tormenti interiori, ma al contempo investito di un’autorità che impone rispetto e timore.

Un rifugio per l’anima

Oltre alla sua passione per l’arte, Munthe era un fervente amante della natura. Preoccupato per la caccia agli uccelli sull’isola, acquistò il Monte Barbarossa per trasformarlo in una riserva ornitologica, proteggendo così numerose specie migratorie . La villa stessa, con i suoi giardini lussureggianti e le terrazze panoramiche, riflette l’amore di Munthe per la natura e la sua volontà di creare un luogo di pace e contemplazione.​

Il giardino ospita anche una varietà di piante mediterranee e esotiche, selezionate personalmente da Munthe per creare un ambiente che stimolasse i sensi e l’anima. La disposizione delle piante e delle sculture segue un preciso ordine simbolico, riflettendo la visione filosofica del medico svedese.

“La storia di San Michele”: un’autobiografia dell’anima

Nel 1929 Axel Munthe pubblica La storia di San Michele, un’opera che, ancor oggi, affascina lettori di tutto il mondo. Non si tratta di una classica autobiografia né di un resoconto lineare degli eventi della sua vita, ma piuttosto di una narrazione frammentata, poetica e profondamente spirituale. Il libro è un mosaico di ricordi, meditazioni, incontri e visioni — alcuni reali, altri quasi onirici — che svelano l’essenza più intima dell’autore e del suo legame con la villa.

Scritto originariamente in inglese, The Story of San Michele fu un successo straordinario fin dalla sua pubblicazione, tradotto in decine di lingue e amato da lettori di ogni estrazione. Il testo alterna episodi della giovinezza di Munthe, racconti della sua attività di medico tra i poveri di Napoli e i riflessi lirici della sua vita ad Anacapri, sempre filtrati da una sensibilità fuori dal comune.

In queste pagine, Villa San Michele diventa il simbolo tangibile di un ideale: un luogo dell’anima dove la bellezza, la compassione e il rispetto per la natura convivono con la fragilità della condizione umana. “Scrivere non è il mio mestiere,” annota Munthe con umiltà, “ma questo libro è il mio testamento spirituale.”

Il tono della narrazione è permeato da ironia, malinconia e profonda umanità. Si avvertono echi della sua formazione scientifica, ma anche un costante slittamento verso il metafisico. È un libro che incanta, che commuove, che invita a guardare il mondo con occhi nuovi.

Vi auguro una Buona visita e vi aspetto alla prossima recensione…

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